MUJERES CONTRA
LA GUERRA
24 DE MAYO - DIA INTERNACIONAL DE LAS MUJERES POR LA PAZ Y EL
DESARME
más información
Cronología del movimiento pacifista de mujeres
y os recordamos que tenemos una sección específica sobre
la violencia contra
las mujeres en la guerra... (violación como arma de guerra, etc.)
MOVIMIENTOS DE MUJERES CONTRA LA GUERRA
Women Building
Peace
Mujeres Construyendo la Paz.
Campaña internacional
para promover la presencia de las mujeres en las negociaciones de paz
Programa de Mujeres construyendo la Paz
de la IFOR (International Fellowship of Reconciliation
Women's International League for Peace and Freedom
ESPECÍFICO SOBRE ISRAEL Y PALESTINA
Batshalom - Organización
de mujeres israelíes pacifistas y feministas. Algunas de estas mujeres
participan en el movimiento de Mujeres de Negro.
Jerusalem Link - Organización
de mujeres palestinas pacifistas y feministas.
Ambas organizaciones trabajan juntas desde uno y otro lado por una paz justa
entre el pueblo israelí y el palestino.
Documentos
Resolución 1325
del Consejo de Seguridad de la ONU - 31 octubre 2000
Recomendaciones de la ONU
sobre la participación de las mujeres en los procesos de paz
NACIONES UNIDAS - Las mujeres, la paz y la seguridad
El 31
de octubre, por medio de una declaración de la Presidencia, el Consejo reafirmó
su compromiso de seguir aplicando plenamente su resolución 1325 (2000) sobre las mujeres, la
paz y la seguridad en el segundo aniversario de su aprobación. En
esta declaración, el Consejo condenó todas las violaciones de
los derechos humanos de las mujeres y las niñas en situaciones de
conflicto armado y reconoció la función esencial de la mujer
en la promoción de la paz. El Consejo reconoció progresos en
la incorporación de la perspectiva de género en las Naciones
Unidas, aunque instó a que se incrementara el número de mujeres
en puestos de representantes especiales y enviadas especiales del Secretario
General.
La declaración se hizo pública después de las reuniones
celebradas el 28 y 29 de octubre donde el Secretario General presentó
su informe sobre el tema en el que se especificaban recomendaciones para
aumentar la presencia de las mujeres en las operaciones de mantenimiento de
la paz y para reducir su sufrimiento en situaciones de conflicto y con posterioridad
a los conflictos.
A su vez, estas reuniones tuvieron lugar después de una reunión
el 25 de julio en la que el Consejo escuchó argumentos a favor de
una participación más amplia y sistemática de las mujeres
en las operaciones de mantenimiento y consolidación de la paz. Entre
los participantes estaban Angela King, Subsecretaria General y Asesora Especial
en Cuestiones de Género y Adelanto de la Mujer; Noeleen Heyzer, Directora
del Fondo de Desarrollo de las Naciones
Unidas para la Mujer (UNIFEM)*; y Jean-Marie Guéhenno, Secretario
General Adjunto de Operaciones de Mantenimiento de la Paz.
La ONU y la participación de las mujeres en los procesos de paz. Resoluciones
Textos
Una
visión de la historia: 20 callados
años de pacifismo feminista
por Michelle (Madrid, Spain) Internacional de Resistentes
a la Guerra
El feminismo
es pacifismo mientras soplan vientos de guerra
Jane Addams (1860-1935)
Recibió en 1931 el Premio Nobel de la Paz. Socióloga, reformadora,
pacifista y sufragista estadounidense.
Aletta
Jacobs
Pionera del pacifismo holandes y recordada por su lucha por el derecho al
voto femenino. Buscó activamente la paz durante la Primera Guerra
Mundial. Pero, ésta fue solo una de sus muchas campañas, y
la pionera del pacifismo holandés es recordada también por
su lucha por obtener el voto femenino.
Cursos:
Master en Género
y Construcción de Paz - Costa Rica
Por Internet:
Curso de género y construcción
de la paz de la European Network University. Próximo curso septiembre-noviembre
2003. Como repensar el conflicto armado con una perspectiva de género,
estrategias de empoderamiento y herramientas para la transformación
de conflictos. Contacto: Claske Dijkema - Amsterdam conflict@netuni.uva.nl
Bibliografía
el nº 16 de Perspectivas
de Isis Internacional está dedicado al movimento pacifista de mujeres.
"Pacifistas, la larga marcha"
http.//www.isis.cl
CONTRO LA GUERRA SULLA COMPLESSITÀ DELL’OPPORSI
Assemblea su "La guerra
e il silenzio delle donne"
c/o Libera università
delle donne di Milano
Corso di Porta Nuova, 32
Milano, aprile-maggio 1999
Di fronte a questa guerra non basta dire che siamo contro le guerre.
Si può pensare che le donne siano in quanto tali contro le guerre solo se si vede la guerra come fenomeno che appartiene alla vita pubblica e che perciò ha avuto storicamente come protagonista esclusivo il sesso maschile. Se invece consideriamo come profondamente intrecciati privato e pubblico, individuo e collettivo, femminile e maschile, è chiaro che in guerra la parte sostenuta più o meno consapevolmente dalle donne è sempre stata grande. Sono le donne a garantire solidarietà e affetti a chi agisce in un teatro di odio e distruzione. E ancora, in tempo di guerra, sono le donne a sopportare un sovrappiù di violenza: gli stupri, la prostituzione coatta, la riduzione alla funzione di cura e assistenza.
Siamo contro questa guerra perché chi la fa - i governi dell’Europa unita guidati da leader che in alcuni casi si dichiarano di sinistra - mira a coinvolgerci in nome di una "comune appartenenza" e di altrettanto comuni "valori" . Si agisce in nome di presunti diritti universali, che le donne non hanno partecipato a definire e che non le comprendono. Per passività o per scelta, abitiamo la scena sociale come cittadine senza città. Non abbiamo elaborato noi le regole che presiedono al vivere associato. In questo senso, da sempre, viviamo in una democrazia dimezzata, che vede le donne, cancellate dalla vita pubblica, prestare un sostegno omologato alle regole elaborate dall’altro.
Siamo contro questa guerra perché essa, presentata come etica, come atto di ingerenza umanitaria per la difesa di diritti violati, è di fatto l’esatto contrario. Chi detiene il potere a livello mondiale sta violando tutte le regole poste a garanzia del rispetto democratico dei limiti del potere stesso. Nel fare ciò distrugge l’economia e le infrastrutture di un paese che ci è vicino, nel cuore stesso dell’Europa che abitiamo, e soprattutto distrugge vite umane, vita civile, aggregazioni di donne e uomini che da anni lottano contro i tiranni balcanici per affermare la possibilità di una convivenza pacifica tra culture e popolazioni diverse. Siamo davanti a una paradossale finzione. Si dice di combattere per affermare principi che nei fatti vengono smentiti, rinnegati, rettificati sulla base di mutevoli convenienze.
Dunque questa guerra viene fatta in nome di diritti universali che universali non sono, dal momento che continuano ad escludere le donne e altri "diversi", e che vengono utilizzati contro le stesse leggi che governano sia il nostro paese sia la comunità internazionale.
Scopo di questa guerra non
è la difesa dei diritti umani, ma l'imposizione di un modello economico
unico: il mercato, che è conflitto di tutti contro tutti. Non
solo fra settori produttivi, ma anche fra soggetti messi al lavoro e, in
particolare, fra donne e uomini. È la cosiddetta logica imparziale
del mercato a stabilire che l’attribuzione delle risorse e il godimento dei
diritti vengano prioritariamente riconosciuti ai maschi della specie. Un
aspetto non secondario di un secolare dominio.
Per l’Europa, scopo di questa
guerra è garantirsi un’effimera sicurezza rispetto a una "destabilizzazione"
che essa stessa ha contribuito a creare. L’Europa, oltre a bombardare i propri
errori, come dice Christa Wolf, sta cercando, in modo uguale e contrario a
Milosevic, di affermare una propria superiorità, purezza e identità
contro la "barbarie" - impersonata dai popoli balcanici - annidata dentro
i suoi stessi confini.
Basta guardare ai fatti: Milosevic
opprime e stermina i kosovari per affermare i confini di uno stato "etnicamente"
puro; l’Occidente colpisce indiscriminatamente con macchine e strumenti tecnologici
le popolazioni kosovare e serbe contribuendo a trasformare le prime in profughi
senza nome e riducendo le seconde ad anonime liste di morti.
Come non vedere l’assoluta continuità tra la logica della violenza che governa la nostra vita privata e sociale quotidiana e quella che governa l’"eccezionalità" di questa guerra. Entrambe hanno come modello la violenza che viene agita sulle donne con la loro riduzione a corpo-natura e successivamente a oggetto di scambio. Entrambe si legittimano con la demonizzazione e la disumanizzazione del "nemico" su cui vengono spostati tensioni, odi e conflitti interni divenuti esplosivi. Questa guerra appare oggi, nella sua veste umanitaria, come l’espressione di una passione prima - quello spirito "guerriero" che attraversa la vita sociale a tutti i livelli - di una comunità storica di uomini che non sembra aver trovato, per convivere col diverso, altro modo che l'espulsione, l'annientamento o l'assimilazione.
Se affermiamo che è possibile dichiararsi contro i bombardamenti senza perciò essere automaticamente con Milosevic, se rifiutiamo la falsa logica dell’aut aut, è perché abbiamo già praticato altre vie e altri modi di vivere il conflitto, negoziandolo e cercando mediazioni che garantiscano la possibilità dei rapporti. Nel conflitto primario uomo/donna abbiamo scelto di vivere e tentato di trovare altre soluzioni: connessioni e non divisioni, comprensione in luogo di sopraffazione, capacità di dubitare e coscienza del limite in luogo della fede nella propria onnipotenza.
Questa nostra esperienza possiamo ora metterla a frutto rifiutando ogni complice sostegno a chi decide la guerra e a chi la combatte, costruendo una rete di relazioni capaci di sfidare le censure e l’arbitrio dei soggetti forti belligeranti.
Possiamo e dobbiamo assumerci il compito di smascherare sia i giochi di guerra in senso stretto - dall’uso della violenza all’"innocenza"umanitaria - sia i meccanismi economici che li sottendono.
Possiamo intervenire manifestando il nostro pensiero critico verso questa organizzazione sociale e verso le istituzioni cosiddette rappresentative, senza fare eccezione per le poche donne cooptate negli apparati del potere maschile, che fino a oggi hanno scelto un imperdonabile silenzio.
Partecipiamo alla campagna
per le elezioni del parlamento europeo negando apertamente l’avallo del nostro
voto ad un simulacro di istituzioni democratiche che praticano il dominio
mistificandolo come diritto.
Invitiamo all’astensionismo attivo,
che nulla ha a che vedere con la rinuncia qualunquistica al diritto di voto.
Scegliere di esercitare il diritto di voto astenendosi dal voto non rappresenta
per noi un passo indietro, ma una precisa assunzione di responsabilità
e una manifestazione di coerenza.
Quello che intendiamo compiere
è un gesto che serva a modificare una pratica della cittadinanza
che autorizza chi ha il potere a non dare conto del suo operato.
FERMIAMO LA GUERRA
DISERTIAMO LE URNE
NON ANDIAMO A VOTARE
Assemblea su "La guerra e
il silenzio delle donne" per adesione scrivere a:
Libera università delle
donne
Corso di Porta Nuova, 32 - 20121
Milano - fax 02.6597727 - e-mail: universitadelledonne@iol.it